L’OPINIONE: L’IDENTITÀ DI GENERE È PARTE DELL’IDENTITÀ PERSONALE

Salvatore Rongadi Salvatore Ronga

Ma sull’identità di genere si sollevano polveroni senza fine, quando da sempre l’identità è prima di tutto “culturale”, a meno che non vogliamo ridurre il tutto al catalogo anatomico sul banco da macellaio: lui ha il coso e lei ha la cosa. Gli eroi omerici, che avevano un senso altissimo dell’onore e cercavano la bella morte sul campo di battaglia piangevano in pubblico come femminucce; nella mia adolescenza era sospetto, oltre che tamarrissimo, impedire la crescita di cespugli piliferi tra le sopracciglia, e anche ostentare un’ accentuata cura del corpo; bastava usare un congiuntivo per essere sospetti; e le ragazze che seguivano il calcio, invece della pallavolo, erano per forza di cose aspiranti camioniste, e se si davano alla politica, come anche oggi, dovevano avere “le palle”. Insomma mi pare che difendere un’identità esclusivamente “naturale” sia avere una visione ideologica della natura, difendere i pregiudizi come se fossero grucce per muovere qualche passo.

E mi sorprende che la Chiesa presti il fianco, quando non c’è nulla di più felicemente “contronatura” della Parola del Vangelo. Ama il prossimo tuo come te stesso, ama il tuo nemico, non sono solo messaggi rivoluzionari, sono contrari all’istinto di ciascuno. L’identità di genere è parte dell’identità personale, e la mia identità la costruisco incontrando l’altro, anche decidendo chi è l’altro da me. Se la scuola mi aiuta e mi difende in questo percorso, invece di mettermi stupidamente alla prova, voltandosi dall’altra parte mentre gioco in bilico sulla rupe Tarpea, tanto meglio. Chi vede fantasmi dappertutto, è un fantasma egli stesso, e non lo sa.

Ecco, un pistolotto inutile di prima mattina, logorroico e confuso. Vado a farmi un caffè, un caffè di genere, bello forte, che è meglio, perché se ci faccio la schiumetta e ci metto due cucchiaini di zucchero, finisco dall’altra parte. Uffa!

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